Notizie

PAGINE DI STORIA- L’arco seicentesco nella piazza del Santuario

10 Marzo 2021Che l’area santuariale, in passato, fosse considerata una zona di raccoglimento, di incontri di pellegrini e di preparazione immediata per esternare atti di devozione di fede alla Madonna “de Finibus Terrae”, è un dato risaputo e ampiamente documentato.
Addirittura viene descritto come il pellegrino si deve preparare spiritualmente e le preghiere che bisognava recitare.
Quando i pellegrini, infatti, erano ormai prossimi al tempio mariano e precisamente sulla collina dove è collocata la chiesa di S. Giuseppe, una località distante circa tre kilometri dal Santuario, dovevano recitare genuflessi tre salve regine, giunti poi ad un’altra località, vicino la Cappella dei Lazzari, distante circa 1 km dal Santuario, si doveva ripetere la stessa devozione e infine arrivati alla Croce Petrina, in prossimità della piazza, si recitavano tre Pater e tre Ave Maria.
Il Tasselli, quando descrive l’arrivo dei pellegrini al Santuario puntualizza la presenza di un arco trionfale all’ingresso del piazzale.
“Passando quell’Arco eretto dal principe Filiberto, t’incontri con la Statua della Beata vergine ed appena in vista di questa si deve di nuovo salutare l’Imperiale Signora dell’Universo, che in questa terra si rappresenta”.
L’Arditi fa riferimento anche alla presenza di un arco dopo aver descritto i vari monumenti collocati nell’area santuariale.
La principessa di Alessano –egli scrive– innalzò la colonna e la statua di Maria (1694); il Marchese di Corigliano, Girolamo De’ Monti offrì un nuovo quadro della Vergine dipinto da Andrea Cunavi (1625) di Mesagne, spianò la via dirupata ed alpestre, e fece portare la nuova immagine processionando; Filippo d’Aragona l’arricchì di un portico e poi di un magnifico arco nel primo incesso dello spazzo, da pochi anni caduto e sparito; mons. Tondoli vi aggiunse una campana; Diego Rizzo da Maglie vi fece l’organo; i Gallipolini, un gran pennone con l’immagine di Maria e di Gesù, portato e deposto anch’esso in solenne e numerosa processione”.
Sono dati, questi, che ci fanno pensare come da sempre c’è stata un’attenzione particolare verso il Santuario e naturalmente su tutto ciò che fa corona al sacro edificio.
Ma ciò che meraviglia è la presenza di un ARCO che doveva offrire al pellegrino una visione particolare della zona, mediante –appunto– una struttura tipica qual’è l’arco, per l’ingresso in un luogo destinato a particolari incontri culturali.
Un arco che ci viene descritto collocato all’ingresso dello spiazzo e che, come precisa l’Arditi, è rimasto in piedi sino a pochi anni dal tempo in cui descrive il suo libro su Leuca, e cioé sino agli ultimi anni dell’800.
Possiamo, quindi, supporre un’esistenza di circa 200 anni.
Certamente la sua collocazione doveva essere dove attualmente si legge “opera terminale dell’acquedotto pugliese”, quindi proprio dove ancora si considera l’ingresso del piazzale antistante la Basilica. La posizione in quel luogo è stata voluta dal Principe Filippo d’Aragona quasi a voler dare un carattere di imponenza e di rispetto per il luogo sacro.
In genere la presenza degli archi nelle città o in ambienti particolari, è stata voluta per delimitare un territorio ben preciso e anche per indicare i punti di ingresso per esempio nelle città fortificate. Erano le famose porte che venivano indicate con degli archi.
Spesso l’arco è stato eretto anche per simboleggiare un grande evento e quindi è stato voluto come monumento storico.
Nel nostro caso specifico possiamo considerarlo come una porta d’ingresso destinata a far entrare i pellegrini in una realtà di luogo sacro e di esperienze religiose.

                                                                                                                                         P. Corrado Morciano